La riforma del Patto di stabilità 2

La riforma del Patto di stabilità 2

Sospeso per tre anni in seguito alla pandemia, il Patto di stabilità e crescita tornerà in vigore ufficialmente nel 2024. Ma potrebbe avere una nuova veste: dopo mesi di negoziati, la Commissione europea ha presentato la sua proposta di riforma delle regole che governano la spesa pubblica degli Stati membri. Regole che per anni sono state accusate, da alcuni, come un ostacolo alla crescita e all’occupazione. Ma che per i cosiddetti Paesi frugali, dalla Germania all’Olanda, sono considerate come una garanzia di stabilità dei conti. A prescindere dalle posizioni nell’Ue, resta il fatto che con le crisi intervenute prima del Covid e poi con la pandemia, si rende necessaria una revisione delle regole attuali.  Viste le nuove sfide che l’Europa ha di fronte (ripresa post pandemia, transizione ecologica e digitale, riassetto degli equilibri geopolitici, tensioni tra Cina e Usa, tanto per citarne alcune), avere un Patto più adatto ai tempi che corrono è diventato un imperativo un po’ per tutti.  La proposta della Commissione Ue ha provato a fare sintesi tra le posizioni dei vari governi, proponendo di cambiare il modo in cui conteggiare le spese degli Stati e il percorso per raggiungere tali parametri.

La Commissione vuole superare le criticità dando più tempo ai Paesi per ridurre il loro debito pubblico, ma anche stabilendo regole più semplici da rispettare per raggiungere tale obiettivo. Innanzitutto, per i calcoli del deficit si prenderà come riferimento la spesa primaria netta, ossia quanto spende ogni Stato al netto di quanto paga per gli interessi sul debito. In compenso, scompariranno le cosiddette ‘golden rule’, ossia non verranno più decurtate dal conteggio le spese per emergenze (come quelle sui migranti o per i terremoti, per esempio).

Secondo aspetto importante: per ciascuno Stato membro, Bruxelles tratterà “un unico piano a medio termine” adattato alle caratteristiche del Paese, che prevede un maggiore margine di manovra nella definizione dei propri percorsi di aggiustamento di bilancio, ma anche “impegni di riforma e investimento” che, una volta presi, dovranno essere rispettati.

Per ciascuno Stato membro con un disavanzo pubblico superiore al 3% del Pil o un debito pubblico superiore al 60% del Pil (come nel caso dell’Italia), la Commissione pubblicherà una “traiettoria tecnica” specifica. Ogni Paese avrà quattro anni per attuare il suo percorso di aggiustamento. Ma nel compiere questo percorso, il Paese dovrà rispettare una serie di parametri tecnici, onde evitare che il tempo in più concesso non si trasformi in un modo per sfuggire agli impegni.

Per maggiori informazioni: https://ec.europa.eu/commission/presscorner/detail/en/ip_23_2393